IOT – Internet delle cose

Nell’ultimo numero di Nova campeggiava, in prima pagina, un articolone sull’ “Internet delle cose”. Da tempo seguo con interesse i movimenti nell’ambito dell’IOT, fin’ora letti su stampa specialistico/accademica e usati più che altro come occasione speculativa per pensare al “domani” dei sistemi informativi aziendali.

Vedere che il Sole 24 Ore lo celebra mi  ha inizialmente fatta pensare Wow, ci siamo, se ne parla il Sole vuol dire che l’ambiente è pronto per questo respiro, per questa nuova espansione, per il cambio di scala comunicativa. Poi ho pensato più concretamente  a cosa significa implementare IOT, al perchè la domotica, che dell’IOT è stata precursore, è ancora confinata in ambiti di nicchia.

IOT, ovvero la possibilità data dalla miniaturizzazione di spostare capacità computazionali alle cose, che comunicano tra loro e si sincronizzano senza coinvolgere elaboratori centrali. Il decentramento della computazione. La frammentazione del controllo. Cosa manca, perchè questo sia praticabile e diventi supporto di processi di organizzazioni? C’è la tecnologia (nano), c’è l’infrastruttura di comunicazione (IPv6 è nato anche per questo, no?). Cosa manca, ancora?

Provo a mettere a fuoco le  ‘lacune’ a mio avviso più evidenti, adottando qui una modalità Work in progress – come dire, l’articolo sarà soggetto a revisioni nel tempo man mano che approfondisco.

Mancano gli standard di comunicazione: come può avvenire la comunicazione per esempio tra un’oggetto e la sua location in assenza di standard che permettano all’uno di esporre il proprio stato e all’altro di rilevarlo ed agire di conseguenza? probabilmente qualche proposta comincia ad affermarsi, qualche convenzione si sta diffondendo con più forza di altre, ma lo standard è ancora lontano. In assenza di standard, qualsiasi applicazione di IOT sarà vista come un’isola di automazione industriale un po’ più spinta.

A noi del settore mancano poi processi di sviluppo, e soprattutto di deploy, che facciano i conti con la complessità del nuovo ambiente frammentato: già siamo in imbarazzo con la gestione dello sviluppo di software ad hoc multipiattaforma e il rilascio di apps ai dispositivi mobili; predisporre ambienti ingegnerizzati per il trattamento del ciclo di vita del software “delle cose” è un’attività che si prospetta come molto costosa, ma necessaria, non è pensabile avere un approccio ‘artigianale’.

La realizzazione di ambienti basati su IOT richiede un’infrastruttura di monitoraggio in grado di trattare i log generati dai (potenzialmente) numerosissimi oggetti computanti, di reperire tra i dati automaticamente le condizioni di potenziale malfunzionamento e allarme.

La complessità necessaria all’infrastruttura pare inconciliabile con le dimensioni (medio piccole) delle nostre aziende – sia fornitrici di soluzioni tecnologiche che destinatari finali di queste.